Nel cammino
della vita, affrontiamo prove esistenziali a non finire e di ogni tipo, che
verificano la solidità della nostra fede e forza interiori.
A prescindere
dal livello di maturità spirituale raggiunto infatti, tutti noi accusiamo in
linea di massima, momenti di scoraggiamento e tensione .
Molta gente
inoltre, si fa prendere dallo stress , dallo sconforto e spesso dalla
disperazione.
In questo cruciale
periodo storico poi, ad un soffio dal galattico salto quantico, tanti pensieri
non nostri, possono insinuarsi nella mente con l’intento di creare scompiglio.
Infatti, anche
per chi è saldo alla roccia spirituale, potrebbe capitare, vista la
straordinarietà degli eventi dei fenomeni e degli incontri che ci si profilano,
in un momento di leggerezza o distrazione, di scorgere dentro di sé, piccoli
tentennamenti, fuggevoli incertezze o inaspettate debolezze, effetto della
fragilità intrinseca della materia.
Esiste però una formula
Divina che, se vissuta col cuore, rende questa valle di lacrime terrena un
anticipo di paradiso.
Sì proprio così. In
questa semplice ma portentosa preghiera, “Gesù mi abbandono in Te pensaci Tu”, infatti, si racchiude il sublime insegnamento che il
Cristo ci regalò col Suo Esempio sommo, in quanto Egli fu l’Agnus Dei, l’umiltà
per antonomasia.
In tal modo, se ci abbandoniamo davvero nelle mani di Dio, la nostra vita si trasforma in
un’esperienza straordinaria, dove il caso non esiste, in quanto ogni nostro
passo è guidato dalla Sapienza e dall’Amore di un Padre Divino che ci tiene per
mano.
Con questa predisposizione d'animo, non
esiste più il male, il negativo in senso
stretto, ma scorgiamo solo occasioni di merito, motivi
di crescita, lezioni da imparare, poiché ci si pone nella condizione ideale per essere veri figli, ubbidienti ad un Padre immensamente buono e giusto che
vuole solo la nostra felicità.
Così se
rinunciando al nostro ego, affidiamo il timone della nostra esistenza al Buon
Pastore, Egli ci riporterà senza dubbio sani e salvi alla Casa Celeste.
Necessita però mettere in atto ciò che queste parole comportano e cioè abbandonare il nostro falso ego in umiltà e sacrificio nel servizio a Dio.
Adagiamo dunque
la nostra piccola volontà, nella possente Paterna volontà e diverremo una cosa
sola con l’Universo tutto, felici e consapevoli
strumenti realizzatori del piano Divino sulla Terra.
Raggi di Cielo
L’atto di
abbandono contro le ansie e le afflizioni
Don Dolindo Ruotolo, Sacerdote napoletano vissuto e
morto in concetto di santità, ha scritto questo insegnamento sull'abbandono in
Dio ispirategli da Gesù stesso.
Perché vi
confondete agitandovi? Lasciate a Me la cura delle vostre cose e tutto si
calmerà. Vi dico, in verità che ogni atto di vero, cieco completo abbandono in
Me produce l'effetto che desiderate e risolve le situazioni più spinose.
Abbandonarsi a Me non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi,
volgendo poi a Me una preghiera agitata
perché Io segua voi e cambiare così l'agitazione in preghiera.
Abbandonarsi,
significa chiudere placidamente gli occhi dell'anima, stornare il pensiero
della tribolazione e rimettersi a Me, perché Io solo vi faccia trovare, come
bimbi addormentati nelle braccia materne, all'altra riva.
Quello che vi
sconvolge e vi fa un male immenso è il vostro ragionamento, il vostro pensiero,
il vostro assillo e il volere ad ogni costo provvedere voi a ciò che vi
affligge.
Quante
cose Io opero quando l'anima, nelle sue necessità spirituali e in quelle
materiali, si volge a Me, mi guarda e, dicendomi "PENSACI TU" chiude
gli occhi e riposa!
Avete poche
Grazie quando vi assillate per produrle; ne avete moltissime quando in
preghiera è un affidamento pieno a Me. Voi nel dolore pregate perché lo
tolga, ma perché lo tolga come voi credete... Vi rivolgete a Me, ma volete che
Io mi adatti alle vostre idee; non siete infermi che domandano al medico la
cura, ma che gliela suggeriscono.
Non
fate così ma come vi ho insegnato nel Pater: "SIA SANTIFICATO IL TUO
NOME", cioè sii glorificato in questa mia necessità: "VENGA IL TUO
REGNO", ossia, tutto concorra al tuo Regno in noi e nel mondo, "SIA
FATTA LA TUA VOLONTÀ", PENSACI TU.
Io intervengo
con tutta la Mia onnipotenza e risolvo le situazioni più chiuse.
Ecco, tu vedi
che il malanno incalza invece di decadere? Non ti agitare, chiudi gli occhi e
dimmi con fiducia: "SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ, "PENSACI TU". Ti
dico che Io ci penso, che intervengo come medico e compio anche un miracolo
quando occorre.
Tu vedi che
l'infermo peggiora? Non ti sconvolgere, ma chiudi gli occhi e dì: "PENSACI
TU". Ti dico che Io ci penso.
È contro
l'abbandono, la preoccupazione, l'agitazione e il voler pensare alle
conseguenze di un fatto. È come la confusione dei fanciulli, quando pretendono
che la mamma pensi alle loro necessità e vogliono pensarci loro, intralciando
con le loro idee e i loro capricci infantili il suo lavoro.
Chiudete gli
occhi e lasciatevi portare dalla corrente della mia Grazia; chiudete gli occhi
e lasciateMi lavorare; chiudete gli occhi e non pensate al momento presente;
stornate il pensiero dal futuro come da una tentazione.
Riposate in Me credendo alla Mia bontà e vi giuro, per il Mio Amore che, dicendomi con queste disposizioni: "PENSACI TU", Io ci penso in pieno, vi consolo, vi libero, vi conduco. E quando debbo portarvi in una via diversa da quella che vedete voi, Io vi addestro, vi porto nelle Mie braccia, poiché non c'è medicina più potente di un mio intervento di Amore. Ci penso solo quando chiudete gli occhi.
Voi siete insonni, voi volete tutto valutare, tutto scrutare, a tutto pensare e vi abbandonate così alle forze umane, o peggio agli uomini, confidando nel loro intervento. E’questo che intralcia le Mie parole e le Mie vedute. Oh, come Io desidero da voi questo abbandono per beneficarvi e come Mi accoro nel vedervi agitati!
Satana tende
proprio a questo: ad agitarvi per sottrarvi alla Mia azione e gettarvi in preda
alle iniziative umane. Confidate perciò in Me solo, riposate in Me,
abbandonatevi a Me in tutto.
Io
faccio miracoli in proporzione del pieno abbandono in Me e del nessun
affidamento in voi: Io spargo tesori di Grazie quando voi siete nella piena
povertà!
Se avete vostre
risorse, anche in poco, o se le cercate, siete nel campo naturale, seguite
quindi il percorso naturale delle cose che è spesso intralciato da satana.
Nessun ragionatore o ponderatore ha fatto miracoli, neppure fra i Santi.
Opera
divinamente chi si abbandona a Dio.
Quando vedi che
le cose si complicano, dì con gli occhi dell'anima chiusi: "GESÙ PENSACI
TU". E distraiti, perché la tua mente è acuta... per te è difficile vedere
il male. Confida in Me spesso, distraendoti da te stesso. Fa' così per tutte le
tue necessità. Fate così tutti e vedrete grandi, continui e silenziosi
miracoli. Ve lo giuro per il mio Amore.Io ci penserò, ve lo assicuro.
Pregate sempre
con questa disposizione di abbandono, ne avrete grande pace e grande frutto,
anche quando Io vi faccio la Grazia dell'immolazione di riparazione e di amore
che impone la sofferenza.
Ti sembra
impossibile? Chiudi gli occhi e dì con tutta l'anima: "GESÙ PENSACI
TU". Non temere, ci penso Io e tu benedirai il tuo nome umiliando te
stesso. Le tue preghiere non valgono un patto di fiducioso abbandono; ricordalo
bene. Non c'è novena più efficace di questa:
"O GESÙ, MI ABBANDONO IN TE, PENSACI TU".
"ABBANDONATI AL MIO CUORE...E VEDRAI".
Voglio che tu creda nella Mia Onnipotenza e non nella tua azione: che tu cerchi di mettere in azione Me, non te negli altri.
Tu
cerca la Mia intimità, esaudisci il Mio desiderio di averti, di arricchirti, di
amarti come voglio. Lasciati andare, lasciami riposare in te, lasciami sfogare
su di te continuamente la Mia Onnipotenza. Se tu rimarrai vicino a Me non ti
preoccuperai di fare per conto tuo, di correre per uscire, per dire di aver
fatto; Mi dimostrerai che credi nella Mia Onnipotenza e Io lavorerò
intensamente con te quando parlerai, andrai, starai in preghiera o dormirai,
perché "ai miei diletti do il necessario anche nel sonno " (Salmo
126). Se starai con Me senza voler correre ne preoccuparti di cosa alcuna per
te ma la rimetterai con totale fiducia a Me, Io ti darò tutto quello che ti
necessita secondo il Mio disegno eterno.
Ti darò i
sentimenti che voglio da te, ti darò una grande compassione verso il tuo
prossimo e ti farò dire e fare quello che Io vorrò.
Allora la tua
azione verrà dal Mio Amore. Io solo, non tu con tutta la tua attività, potrò
fare dei figli nuovi, che nascono da Me. Io ne farò tanti di più quanto più tu
vorrai essere un vero figlio quanto l'Unigenito, perché lo sai che: "Se
farai la Mia Volontà, Mi sarai fratello, sorella e madre " per generarMi
negli altri, perché Io produrrò nuovi figli, servendoMi di veri figli. Quello
che tu farai per riuscire, è tutto fumo in confronto a quello che faccio Io nel
segreto dei cuori per quelli che amano.
"Rimanete
nel Mio Amore... se rimanete in Me e le Mie parole rimangono in voi, chiedete
quello che volete e vi sarà dato " (Gv 15,7).
DON DOLINDO: VITA E OPERE
Dolindo Ruotolo
nacque a Napoli il 6 ottobre 1882 da Raffaele Ruotolo, ingegnere e matematico,
e da Silvia Valle, discendente della nobiltà napoletana e spagnola. La famiglia
era numerosa e le entrate alquanto scarse, questo faceva sì che spesso nella
sua casa si soffrisse la fame e mancassero persino vestiario e scarpe. Don
Dolindo descriveva il padre come una persona molto rigida; Raffaele tra l’altro
non mandò i figli a scuola, ma volle insegnargli egli stesso a leggere e
scrivere, per cui la loro educazione fu molto sommaria.
Nel 1896,
Dolindo e il fratello Elio vennero messi dai genitori nella Scuola Apostolica
dei Preti della Missione. Nel 1899, Dolindo venne ammesso al noviziato. Il 1°
giugno 1901, fece i voti religiosi e il 24 giugno 1905 venne ordinato sacerdote.
Successivamente venne nominato maestro di canto gregoriano e professore dei
chierici della Scuola Apostolica.
La vita da
sacerdote Vincenziano fu intessuta da tanti episodi dolorosi. Dal 3 settembre
1907, fu vittima di una serie di errori e incomprensioni che lo portarono al
giudizio dell’allora Sant’Uffizio. Venne sospeso dai sacramenti e fu sottoposto
anche a perizia psichiatrica, dove risultò sano di mente. Ridatigli i
sacramenti, fu inviato di nuovo a Napoli dove fu espulso dalla sua Comunità.
Seguirono anni pieni di tormenti di ogni genere. Dovette accettare di essere
esorcizzato e, considerato pazzo, fu oggetto di dolorosi attacchi da parte
della stampa.
Nella sua
solitudine cominciò ad avere delle comunicazioni soprannaturali, per cui
scriveva quanto gli veniva rivelato, specie da santa Gemma Galgani. Il 22
dicembre 1909 Gesù gli parlò solennemente dall’Eucarestia. Durante la
celebrazione eucaristica percepiva la presenza della Madonna, dei Santi e degli
Angeli custodi degli astanti.
Si trasferì a
Rossano in Calabria e da lì partì la richiesta di revisione, grazie anche
all’aiuto di prelati amici, alcuni dei quali anche testimoni dei suoi doni
soprannaturali. Nel 1910 venne finalmente riabilitato, dopo due anni e mezzo di
sospensione, ma le sue tribolazioni non erano finite. Nel dicembre 1911, Don
Dolindo venne nuovamente convocato dal Sant’Uffizio a Roma e nel 1921 subirà
anche un processo, dove verrà condannato ed esiliato. Venne definitivamente
riabilitato nel 1937.
Pur fra continui
dolori ed incomprensioni, la sua vita di sacerdote, ormai diocesano, proseguì a
Napoli. Fu l’ideatore dell’ “Opera di Dio”, il cui scopo era principalmente
quello di promuovere una rinnovata vita eucaristica. Intorno a lui si
radunavano tanti giovani, tutti di cultura elevata, che in seguito formarono
l’Opera “Apostolato Stampa”. L’Opera, attraverso la stampa degli scritti di Don
Dolindo, riuscì a far conoscere ovunque il suo insegnamento.
Don Dolindo non
amava le delicatezze del cibo e del vestiario, sopportava il freddo e la fame e
fu visto camminare nella neve senza calzini ai piedi. Riceveva tutti, per tutti
pregava, per tutti soffriva. Si avvicinava ai malati più infetti e li accarezzava, li baciava e là dove il ribrezzo avrebbe in altri estinto la
compassione in lui suscitava la pietà.
Padre Ruotolo fu
uno scrittore estremamente prolifico, i suoi scritti più importanti vanno dal
monumentale “Commento alla Sacra Scrittura”, in 33 volumi, alle tante opere di
teologia, ascetica e mistica. Di lui ci sono rimasti interi volumi di
epistolario, scritti autobiografici e di dottrina cristiana. Raccontò la sua
vita in una poderosa “Autobiografia” oggi stampata in due volumi, con il titolo
“Fui chiamato Dolindo, che significa dolore”.
Nel 1960
iniziava un altro calvario per padre Dolindo, un ictus gli immobilizzò il lato
sinistro, ma non riuscì a fermarlo. Dal suo tavolino continuava a scrivere alle
sue “Figlie spirituali”’ sparse un po’ dovunque.
Don Dolindo
Ruotolo si spense il 19 novembre 1970 all’età di 88 anni a causa di una
broncopolmonite. Poco prima della sua morte, nel generale raccoglimento attorno
al suo letto di morte, si era diffuso nell'aria un profumo di gigli, sentito
dai presenti e accolto come stigma ultimo della sua santità.
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